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Cyop&Kaf, Odissee

 
Una mostra di Cyop&Kaf 

Vernissage: 29/04/2016 - 19:00

Napoli  è sicuramente il punto di partenza per comprendere il lavoro di Cyop&Kaf.
Napoli, una città che più di ogni altra riesce nel difficile tentativo di armonizzazione degli estremi. E’ proprio questa convivenza tra opinioni contrastanti che consente una visione ampia e libera della società e che permette lo sviluppo di quel senso critico tanto osteggiato da chi preferirebbe il proliferare di opinioni monodirezionali, massificate e buoniste. 
Il sonno della ragione genera mostri, direbbe Goya, e le numerose provocazioni cui ci hanno abituato negli anni Cyop&Kaf hanno proprio l’obiettivo di risvegliarci dal nostro torpore, mostrandoci una realtà degenerata nella quale il consumo definisce l’esistenza e dove il mercato è l’unico luogo di incontro tra gli individui. 
I personaggi di Cyop&Kaf vivono tra le mura decadenti di quartieri abbandonati a loro stessi, perle  bruciate,gemme informi, incastonate tra i patinati quartieri dei ricchi, per indicare che quanto di più prezioso abbiamo non è sempre come, e soprattutto dove, ce lo saremmo aspettato. 
Ci si potrebbe dilungare sui lavori di questi artisti che si sono presi l’ingrato compito di mantenerci vigili su quanto stia accadendo alle nostre coscienze, ma qui si parla di un’opera, Odissee, che riuscirà ancora una volta a stupirci e a far ricordare che il ruolo dell’artista è capovolgere, stravolgere il nostro punto di vista, così da tenerci sempre attenti sui vari tentativi di volerci schiavi inermi di fronte all’avanzare di un’oclocrazia che eleva l’indifferenza nei confronti della realtà circostante a paradigma totalizzante.
Oggi possiamo scegliere a quale contenuto accedere e a quale no, selezionando accuratamente ciò che più solletica il nostro interesse. Questa attività, che sembrerebbe una vittoriosa rivendicazione delle nostre libertà personali, non è altro che uno strumento al servizio della settorializzazione delle conoscenze: il valore di un’informazione che contempli una varietà di notizie è qualcosa da abbattere, perché essere estremamente competenti in un particolare settore genera un senso di arroganza che non ci fa più avvicinare a ciò che non conosciamo. Questo rende le nostre competenze asservite a una logica mercificante che ci vuole altamente specializzati e bassamente “relazionabili”, perché avere relazioni significa avere l’umiltà di imparare dall’altro ed è rischioso, per il mercato, avere come interlocutori individui che passano il loro tempo a discutere,conoscersi, associarsi e non a consumare i beni che questa società merceologica produce e non può non produrre.
Odissee ci racconta un’alternativa possibile, una riconquista della propria autonomia nello sviluppo di un pensiero critico.
Odissee, prima di essere una mostra, è un volume prezioso che racconta, attraverso le opere di Cyop&Kaf e i testi di Enzo Avitabile, le storie di personaggi non comuni che sono ignorati o esclusi dalla società e che interiorizzano scenari ambigui innescando un processo di riflessione su una umanità divisa tra il desiderio di riscatto e l’indolenza dei rassegnati. 
Ma perché Odissee?  Come già è suggerito dal titolo, si racconta di arrivi e partenze, di abbandoni e di itinerari pieni di speranza che si infrangono contro muri non più solo di razzismo, ma soprattutto di indifferenza. La moltitudine di individui che tenta, spesso con tragici epiloghi, di raggiungere luoghi considerati  un tempo ospitali, oggi è una notizia di sottofondo che non genera più interesse, se non qualche banale commento di circostanza. Siamo strani noi esseri umani: la moltitudine non riesce a farci più alcun effetto, la vediamo lontana da noi, ma se solo ci viene proposta l’immagine di un singolo, ecco che la nostra coscienza si risveglia, ci indignamo  perché quest’immagine ci ricorda che tutti noi siamo un singolo nella moltitudine. 
Nonostante i tentativi di individualizzazione, di affermazione di sé a ogni costo che ci sono oggi proposti come unica scelta di vita, Cyop&Kaf vengono a ricordarci che siamo indissolubilmente legati agli altri, che dovremo sempre ricercare l’aggregazione sociale, perché da soli non riusciremo mai a definire la nostra identità.
Cyop&Kaf cercano di indirizzarci verso l’unica via possibile: il ritorno alla politica. Politica intesa come facoltà di scegliere,non come reiterazione di comportamenti lontani dalla realtà comune, ma come spinta a dialogare, a confrontarsi. Attività, queste, che sempre più spesso vengono dimenticate se non addirittura derise e ostacolate dai frequentatori degli ormai tristemente decadenti palazzi del potere. 
Osservando con più attenzione i personaggi che popolano l’universo di Cyop&Kaf, ci si rende immediatamente conto che le figure, nonostante mantengano una antropomorfia, sono  deformate, appiattite, storte: quanto più il contesto entro il quale sono inserite è degradato, tanto più queste figure saranno mostruose. In questo senso si può affermare che l’arte di Cyop&Kaf  abbia una vocazione urbanistica: il contesto, infatti, determina in maniera potente la crescita degli individui. Esperienze come Misentropia, Buio e Cemento,solo per citarne alcune,  testimoniano l’instancabile interesse dei due artisti per la riqualificazione territoriale.
L’essere umano sarà sempre contaminato dai luoghi in cui vive e i protagonisti di Odissee non fanno eccezione: riportano sui loro stessi corpi gli insegnamenti della cultura di partenza e accolgono sulla propria pelle i segni della nuova cultura, sia che li abbia accolti, sia che li abbia esclusi. E allora simboli religiosi, segni calligrafici di lingue vicine e lontane, il bisogno di bere e mangiare sono tutti lì sui corpi martoriati di chi vive diviso tra due mondi, non già quello di partenza e quello di arrivo, ma quello sperato e quello con il quale ci si ritrova a interfacciarsi.
Il Maestro Enzo Avitabile, con il testo di esordio “Diridin Diridon”,  contribuisce a  suggestionare in maniera preponderante il pubblico offrendo una chiave di lettura semplice, ma ricca di suggestioni, spesso onomatopeiche che contribuiscono a formare un’immagine del piccolo volume più completa: ad ogni illustrazione le parole di “Diridin diridon” riecheggiano nella mente, creando collegamenti inaspettati, in un connubio estremamente riuscito.

Marta Raffone

 

 

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